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ESCLUSIVA CH – Zigoni: “Verona, che delusione. Elkjaer? Il numero 2!”

zigoni

L’ex attaccante ha risposto, come sempre a modo suo, alle nostre domande riguardanti passato, presente e futuro dell’Hellas

«Innanzitutto non darmi del “lei”». È iniziata così l’intervista a Gianfranco Zigoni, leggendario attaccante del Verona degli anni ’70, entrato nel cuore dei tifosi gialloblù non solo per le sue magie in campo, ma soprattutto per il suo comportamento al di fuori di esso, con aneddoti che farebbero impallidire anche i peggiori “bad boys” del calcio moderno.

Dagli spari ai lampioni in ritiro fino alla pelliccia in panchina, “Zigo” si è ritagliato un posto importante nel pantheon dei giocatori scaligeri, tanto che ancora oggi la tifoseria dell’Hellas lo omaggia nei propri cori.

Questa l’intervista esclusiva rilasciata dal vulcanico ex-attaccante gialloblù per CalcioHellas.

Partiamo dalla stagione appena conclusa: cos’è mancato al Verona? C’è un responsabile principale per questo fallimento?
«Parlando sinceramente, ho seguito il girone di ritorno un po’ meno rispetto a quello di andata perché ero furioso: l’Hellas non avrebbe dovuto avere problemi a salvarsi, invece mi ha molto deluso. Difficile trovare un capro espiatorio, quando succedono queste cose la colpa è un po’ di tutti. Per quanto riguarda la rosa credo che mancasse qualcosa a centrocampo, dove Romulo poteva dare sicuramente di più, e in attacco, ma tutta la squadra in generale mi dava l’idea di essere poco “solida”. Inoltre secondo me l’addio di Caceres e l’infortunio di Kean hanno inciso parecchio. La SPAL però si è salvata pur senza avere grandi giocatori perché è sempre scesa in campo con il coltello tra i denti, mentre il “pazzo Verona” ha alternato partite di grande grinta, come il derby vinto, a figuracce epocali, vedi la rimonta subita in casa col Bologna (da 2-1 a 2-3, ndr). Proprio non riesco a capacitarmi: giocano in una grande società, in una città bellissima con dei tifosi fantastici, avrebbero dovuto sputare sangue in campo, e invece mi ritrovo a venir preso in giro dai miei amici qui a Oderzo! L’unica cosa che posso dire è che sono veramente triste: una piazza come Verona non merita una delusione simile.».

Da dove credi debba ripartire l’Hellas?
«Nonostante il paracadute, per quanto riguarda il mercato non vedo grandi spiragli, anche perché al momento mancano DS e allenatore. Fossi in Setti, però, farei un anno o due di sacrificio, puntando su qualche giovane di qualità piuttosto che su “vecchi” che non hanno più nulla da dare. Meglio quindi ripartire con calma, senza prendere in giro i tifosi. Ho poi un sogno nel cassetto: prima di morire vorrei vedere mio figlio Gianmarco in gialloblù. In fondo in questi anni hanno preso attaccanti che non hanno segnato nemmeno un goal in stagione, perché lui no? Se proprio vogliono giocatori da 0 reti almeno prendano me che non costo nulla! (ride, ndr)».

Senti ancora qualcuno della dirigenza del Verona? Ha mai pensato di entrare in società?
«Sinceramente dopo aver smesso pensavo che mi avrebbero chiamato, almeno per un consiglio, ma così non è stato: credo che il Verona non dia la giusta considerazione ai suoi ex, una cosa molto strana perché tanti sono persone intelligenti e che conoscono benissimo la città e i tifosi. Probabilmente in Società pensano che chi viene da fuori sia migliore. Ormai non ci penso più, ora faccio lo scrittore solitario in mezzo ai monti e penso al mio Hellas e al suo ritorno in Serie A».

A Verona sei un idolo dei tifosi, qui ancora cantano cori in tuo onore: qual è il più bel ricordo legato alla tua permanenza in gialloblù?
«Innanzitutto per me non erano tifosi, ma amici, tant’è che tra qualche giorno riceverò una “delegazione” e mangeremo tutti insieme. Per quanto riguarda i cori, ci mancherebbe altro! Se non lo fanno do fuoco alla curva! Comunque, non per essere banale, ma tutti i miei ricordi legati a Verona sono magnifici. E dire che quando sono andato via dalla Roma ho pianto, salvo poi rendermi conto di quanto fossi stato fortunato ad approdare in una città tanto splendida. L’unica cosa che mi rimprovero è che probabilmente avrei potuto dare di più: la consapevolezza di aver sempre giocato sì e no al 30% mi fa pensare di aver quasi “tradito” la loro fiducia. In fondo per me giocare a calcio è sempre stata quasi una cosa in più, sono finito a fare il calciatore praticamente per caso: a me piaceva mangiare, bere, fumare e far festa, inoltre detestavo correre e sacrificarmi in campo perché tanto sapevo che avrei potuto risolvere la partita in cinque minuti se solo avessi voluto. In sostanza giocavo come avrei giocato in terza categoria. Per quanto ancora oggi i tifosi mi dicano che a loro andava bene anche così, questo è il mio unico rimpianto».

Chiudiamo con una battuta. Avresti sempre voluto che il Bentegodi cambiasse nome in “Gianfranco Zigoni”: non credi tuttavia che Elkjaer potrebbe essere un enorme ostacolo al tuo “sogno”?
«Non sono l’unico a pensare che “Marcantonio Bentegodi” sia un nome brutto, lo dicono anche altri. “Gianfranco Zigoni” suona invece benissimo, “Zigoni” come “Zorro” o… “Zapata”! Preben è simpaticissimo e un amico, ma non confondiamo il ferro con l’oro. Lui ha uno scudetto? Ce l’ho anch’io! (con la Juventus, campionato 66/67, ndr). Ciao vecchio Preben, finché sono vivo io tu sarai sempre il numero 2!»

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