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Andy Selva, contro l’Hellas la sua ultima partita: non era super, ma era un eroe

Tutti i ricordi condensati di un’età troppo tenera per capire chi fosse Andy Selva, il suo completamento avveniva per immaginazione e per la passione verso San Marino

Ci sono pagine della propria vita che sono difficili, difficilissime da chiudere. Il calcio sì, è una di quelle. Il tempo tiranno condanna quel tipo di vita che tanti sognano, ma chi la raggiunge sa, vorrebbe durasse per sempre. Il calciatore è un idolo, è un eroe.

Lo era Andy Selva, con quel soprannome rimato che lo ritraeva davvero potente: la Belva. Terrore delle difese avversarie se detto così, ma Selva aveva davvero qualcosa in più. Nascondersi nella media non è così difficile, rimanere sotto il limite, non riuscire a spingersi oltre. Per Andy Selva non era così: nella sua persona c’era un ruolo, almeno negli occhi di chi era bambino.

Non importa quale sia la tua patria, ma se ne sei il capitano ne trai tutto il carisma. Lui era così da calciatore, in campo. Era una belva perché con lui davanti c’era l’impressione di poter essere una squadra superiore, perché lui guidava una squadra nazionale! Perché lui di un insieme, seppure minimo, era il migliore. Non importa, d’altra parte se non ci fossero stati i sammarinesi non avremmo mai conosciuto Hemingway.

Andy Selva ha annunciato il ritiro dopo l’eliminazione dai preliminari europei contro il Lincoln. Una scelta difficile per chiunque. Figurarsi per lui che, dando il massimo, affrontava la domenica il Pescina Val del Giovenco o il Pescara o il Real Marcianise o il Taranto, e la settimana successiva veniva chiamato per guardare negli occhi Lahm, Cannavaro, Terry o chissà quanti altri, pensando: “Comunque ci proviamo“.

C’è qualcosa di straordinario in questo tipo di sentimento. Esultare perché è successo qualcosa di storico, come dopo quel gol di Vitaioli contro la Lituania. Selva ne ha segnati otto con la sua Nazionale, è l’uomo con più presenze e più gol nella storia di San Marino. Una leggenda.

A 42 anni, guardando indietro, ci dev’essere grande orgoglio in quel che è stato fatto. Anche senza una carriera da top, cui forse Bonini per San Marino è stato l’unico. Ma alla fine conta il ricordo di chi era lì al Bentegodi, in decine di migliaia in Lega Pro.

Niente di questo valeva per lui e per nessuno al Verona, perché con quella maglia la Serie C non era tale, perché contro quella maglia tutti si impegnavano di più. Ricordi sbiaditi di quando avevo 12 anni. Hellas Verona-Andria BAT 3-1, una tripletta prepotente di Selva. Per lui in totale 35 presenze e 10 gol in gialloblù. Con quell’immagine, la più bella di tutte, con la maglia della promozione in B, festante e forse già conscio che sarebbe andato via.

Un altro ricordo, proprio quell’anno, durante la preparazione a Fosse con Giannini allenatore. Le voci che se ne andasse si rincorrevano e lui durante un esercizio parse svogliato. Con non troppa maniera il mister lo riprese chiedendogli più brio. Alla fine quella rabbia e quella grinta c’era tutta, c’era nell’esultanza a Salerno. C’era il carisma e c’era tutta la mia ammirazione.

Un anno l’Hellas Verona venne a giocare a Pescantina, sul campo dei Monti Lessini. L’evento fu organizzato per premiare il club di tifosi con il maggior numero di abbonati. Finì 11-0 o qualcosa di simile, Corrado Colombo segnò un paio di gol e tutti andarono da lui. A me interessava poco, io volevo l’autografo di Selva e andai verso gli spogliatoi, appena sopra la salita. Lo trovai seduto sul tubo delle fontanelle d’acqua, le stesse in cui per anni avevo lavato le mie scarpe da calcio, dei pantaloni con i tasconi e chiacchierava con un compagno. Mia madre mi chiese ad alta voce, in modo che lui sentisse: “Questo?” e io vergognandomi come non mai le rifilai un: “Dai mamma, ovvio!“, così ovvio che decantai le sue qualità di attaccante e capitano di San Marino. A ripensarci, forse, lo misi un po’ in imbarazzo.

La Fiorita era il posto giusto per cercare annualmente il miracolo di una vittoria in Champions o Europa League. Ha concluso lì, dopo l’eliminazione per mano del Lincoln. Ha annunciato di aver chiuso con il calcio.

Ci sono pagine della propria vita che sono difficili, difficilissime da chiudere. E quando La Fiorita si sposta per un’amichevole contro il tuo Hellas è difficile, difficilissimo non esserci. Era lì anche questa volta, come quando avevo 12 anni. Era lì dov’era il Verona. Questione di carisma o questione di chissà che cosa. Perché Andy Selva può anche non essere stato super, ma per un periodo della vita di chi ha più o meno la mia età… è stato un eroe.

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