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La storia di Guido Tavellin, al quale è stato intitolato l’Antistadio

Ripercorriamo la grande vita e carriera di un grande personaggio della storia gialloblù

Guido Tavellin era nato a Legnago (VR) nel 1920. Cavalieri, un osservatore del Verona, lo vide giocare nel campetto di Sant’Anastasia, adiacente al Liceo Maffei, dove nacque l’Hellas. Debuttò in prima squadra a soli 17 anni. Mezzala d’attacco, ambidestro dal dribbling ubriacante e dal tiro potente.

Fu penalizzato, come altri, dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Per un errore del Distretto Militare partì per l’Africa. Era un guastatore del genio della Divisione Ariete, quella che fu annientata ad El Alamein. “Ho fatto undici mesi di Guerra. Mia madre morente mi ha salvato da morte certa. Laggiù non sono più voluto tornare”, raccontava il popolare Guido.

Nell’estate del 1946 per la cifra record di allora, un milione di lire, fu acquistato dal Bari in Serie A. Il Verona la massima serie l’avrebbe conosciuta molto più tardi. Segnò una rete storica al Grande Torino. I granata non perdevano da sei mesi ed erano imbattibili. Tavellin riempì cinegiornali insieme all’amico di sempre Tommaso Maestrelli, l’altra mezzala della “Stella Sud”, il soprannome di quella squadra che ancor oggi resta il miglior Bari di sempre.

Tavellin fu ceduto alla Lazio e poi per nulla sfumò l’acquisto a Napoli. Andò all’Anconitana, in Serie B e poi tornò a Verona. “Vivevo per il gol” dichiarò una volta. E di reti nel Verona ne ha fatte ben 58 e sarebbero state molte di più se non ci fossero stati infortuni e la Guerra.

Aveva una fama incredibile – ricordò una volta Pedoni, grande negoziante di Verona che cuciva a mano le scarpe da calcio per Tavellin – Pensate cos’era l’Italia nel dopoguerra, eppure con alcuni amici andavamo a vederlo dappertutto il Guido, quando potevamo, poi quel gol al Toro ed in pratica a tutta la nazionale di allora”.

Tavellin smette nell’Hellas in Borgo Roma, l’altra squadra del Verona negli anni cinquanta, e inizia ad allenare. Sarà prima guida soltanto in una stagione a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Poi sempre allenatore in seconda, responsabile dei giovani e direttore tecnico. Uno dei primi in Italia insieme a Mazzetti e Cervellati.

Vinse da responsabile tecnico due scudetti Primavera e uno Allievi e nel 1974, da allenatore vinse lo scudetto del campionato riserve contro il Como di Fontolan, che poi sarebbe diventato lo stopper dello scudetto nel Verona di Bagnoli.

Sempre uomo azienda ma con la capacità di mettere in dubbio tutti i presidenti, visto la sua grande esperienza. Trattò e portò Zigoni al Verona. All’epoca il mercato, negli anni Settanta, lo facevano in tre per la società : Garonzi, Tavellin e il segretario Fiumi. Lanciò tanti giovani da Savoia, a Maioli e altri ancora.

In epoca moderna fu lo scopritore e strenuo difensore di Beniamino Vignola: “Tutti volevano cedermi perché ero gracile e magro ma il signor Guido, perché per noi era un mito, mi difese sempre, ed è grazie alla sua e mia testardaggine se sono arrivato a grandi livelli”.

Non riuscì a portare al Verona tanti buoni giocatori come, ad esempio, Marco Tardelli, ma ebbe il merito di portare nei giovanissimi un certo Damiano Tommasi, una delle ultime cose che fece prima di chiudere l’attività come osservatore. D’altronde quello l’aveva sempre fatto perché innamorato del calcio e del Verona.

Avrei voluto fare come Tavellin” disse Osvaldo Bagnoli, che fu allenato dallo stesso, “ritirarmi con i giovani. Questo è l’unico rammarico”. Colpito da un male incurabile nel 1992, lottò fino al 1994. Da alcuni anni il Comune di Verona gli ha intitolato l’Antistadio e stamane l’Hellas ha voluto inaugurarlo ufficialmente. Resta una delle leggende del Verona con quasi cinquant’anni di militanza da giocatore, tecnico e dirigente.

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Angelo
Angelo
5 anni fa

Semplicemente un grande

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