Le dichiarazioni del numero uno gialloblù che si racconta sulle pagine della rosea
La prima parte dell’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, del presidente dell’Hellas Verona, Maurizio Setti:
AVVENTURIERO. “Mah… sì. Ho sempre rischiato nella mia vita, ma con i piedi per terra. Sono figlio di operai che si sono sacrificati per il loro unico erede: mio padre aveva capacità di applicazione, mia madre era determinata, questa è la loro eredità umana. Fino a 23 anni ho dormito sul divano-letto di casa, ho finito la ragioneria e assaggiato l’università. L’obiettivo che vedevo “da grande” era andare a cena fuori tutte le volte che avrei voluto. Non pensavo certo a un club di calcio”.
INIZI. “Andai da uno zio che produceva per aziende di moda, un façonnista in gergo. Da lì entrai in un’altra azienda, due giovani soci, riuscivano a stimolarmi a dare sempre di più. Mi sentivo in famiglia: magazziniere, autista, una volta andai col titolare in Germania per una spedizione. Quattro giorni a guidare, scaricare e riposare, ma io e lui, gomito a gomito. Dentro di me facevo una specie di gara, volevo vedere come reagivo sotto la pressione del lavoro, era un modo per dire a chi mi stava attorno “potete fidarvi di me”.
FOTOGRAFIA. “A 15 anni aiutavo un fotografo ma ero trattato davvero male. Partecipai allo shooting del restauro del teatro di Carpi e capii che volevo operatività, prendermi più responsabilità. Lui non me ne dava, lo mollai”.
ESPERIENZE. “Non mi lascio sopraffare, vedo sempre una via d’uscita. E credo di avere sviluppato una forte tendenza a riconoscere le persone sane. Ho imparato a delegare, perché è segno di sicurezza, di fiducia negli altri”.
[…] “Un avventuriero“: così si era definito Maurizio Setti durante l’intervista pubblicata ieri sulle pagine de La Gazzetta dello Sport. […]